Di Alessandro Fiorillo
Nella
seconda metà del XIX secolo furono condotti degli scavi dentro Grotta
Cola che portarono al rinvenimento di crani e ossa dell’Ursus spelaeus,
un orso preistorico che si estinse durante l’ultima glaciazione del
Pleistocene, in un periodo compreso tra circa 24000 anni fa e 10000 anni
fa (1). Questi scavi furono condotti dal famoso antropologo Giustiniano
Nicolucci, il quale nel 1877 pubblicò i risultati dei suoi studi nel
testo La Grotta Cola presso Petrella di Cappadocia.
L’ORSO DELLE CAVERNE (URSUS SPELAEUS)
L’orso
delle caverne visse esclusivamente in Europa, a partire dalla
glaciazione Riss (270000 anni fa) per scomparire nel corso o verso la
fine della glaciazione Würm, sostituito dall'orso bruno europeo. Le sue
ossa sono state rinvenute, numerose, all’interno di molte grotte
dell’Europa centrale, in particolare in Romania, Austria, Francia,
Germania, Regno Unito ma anche in Italia. Nel nostro paese resti
dell’Ursus spelaeus sono stati trovati nelle grotte di Lombardia,
Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria e, come
abbiamo visto, anche in Abruzzo.
L'orso delle caverne era più grande sia dell’odierno orso bruno europeo (Ursus arctos) che del grizzly (Ursus arctos horribilis), è pertanto il più grande orso vissuto sulla Terra, paragonabile per dimensioni all'attuale orso gigante dell'Alaska (Ursus arctos middendorffi).
Se pensiamo alla sua massa muscolare, allo spesso strato di grasso e
alla folta pelliccia che lo ricopriva, possiamo farci un’idea di quanto
il suo aspetto fosse veramente imponente. Era un animale plantigrado,
lungo fino a 3 metri, alto al garrese 1.40 m, e il suo peso poteva
superare gli 800 kg. Aveva il cranio allungato, con fronte alta e una
specie di cresta. Non era carnivoro ma prevalentemente erbivoro (2),
nonostante possedesse enormi canini. Il dente ferino perse infatti la
sua forma tagliente, i premolari erano ridotti e i grossi molari
appiattiti erano muniti di molti tubercoli, che fornivano un'ampia
superficie masticatoria. La sensibile usura di tutti i denti degli
esemplari adulti rinvenuti, dimostra che erano impegnati in una continua
masticazione. Gli orsi delle caverne soffrivano anche di numerose
malattie tra le quali l'artrite, la spondilosi e la periostite
probabilmente, oltre che per ragioni climatiche, anche a causa di una
dieta erbivora carente di una vasta gamma di elementi nutritivi (3).
Nonostante
fosse molto diffuso, si ritiene che la sua scomparsa sia stata causata
oltre che dal clima rigido della glaciazione, che spinse quest’orso
sempre più a sud (4) e provocò significativi cambiamenti nel mondo
vegetale, anche dalle numerose malattie (soprattutto ai denti) e dalla
competizione con l’uomo.
La maggior parte delle ossa dell’Ursus spelaeus
è stata rinvenuta all’interno delle grotte, nelle zone più profonde,
dove andava a rifugiarsi durante il letargo, il periodo per lui più
critico. Infatti durante l’inverno si nutriva con le riserve di grasso
accumulato, ma una volta terminate queste riserve di grasso poteva
soccombere con una certa facilità. Ed è proprio per questo motivo che
gli studiosi ritengono che i reperti trovati nelle grotte siano i resti
di individui morti durante l'inverno. Il che capitava, in particolare,
oltre che per i giovani inesperti o le femmine gravide, soprattutto per
orsi adulti ed anziani, che durante le stagioni che precedono il letargo
non erano riusciti a nutrirsi a sufficienza, spesso per cause dovute ai
già citati problemi legati all’usura o alle malattie dei denti (5).
LA GROTTA COLA E I RECENTI RITROVAMENTI
Nel
corso dell’estate del 2004 il sottoscritto insieme ad altri giovani
ricercatori ed appassionati di storia e natura, riuniti
nell’Associazione Culturale Nuovo Mondo (6), effettuammo alcune
ricognizioni archeologiche nel territorio di Cappadocia e dintorni (7).
Fu proprio nel corso di una di queste ricognizioni, nello specifico
quella dedicata all’esplorazione di Grotta Cola, che del tutto
casualmente e a livello superficiale rinvenimmo (8) alcuni frammenti
ossei nel punto più profondo della grotta, cioè in quello più lontano
rispetto all’ingresso della stessa. Incuriositi dal ritrovamento e
soprattutto per impedire che questi reperti venissero trafugati o
spostati, il 12 settembre e successivamente il 10 e l’11 ottobre 2004
tornammo nella grotta per prelevare questi reperti e per studiarli
meglio. Con l’occasione venne con noi anche un’archeologa di professione
(9). Successivamente al ritrovamento ipotizzammo che la loro presenza
nel sito fosse legata ad antichi riti sacrificali che si svolgevano
nelle cosiddette “grotte santuario”, pensammo così che anche Grotta Cola
potesse aver avuto questa funzione in una qualche epoca più o meno
lontana (10).
Ma
studiando più attentamente i reperti ossei, che appaiono ben
fossilizzati ed antichi, siamo giunti alla considerazione che
probabilmente gli stessi appartengono ad un esemplare di Ursus spelaeus.
In particolare sono due frammenti di mascella con denti, questi ultimi
piuttosto grandi, che ci hanno spinto verso questa conclusione. Altri
frammenti ossei si trovano all’interno di uno strato di roccia,
probabilmente di natura calcarea, dello spessore che in alcuni punti
supera i 2 centimetri.
Se consideriamo che all’interno di Grotta Cola
sono stati già rinvenuti i resti di orso delle caverne all’epoca degli
scavi condotti dal Nicolucci e se teniamo conto del fatto che i
frammenti che abbiamo rinvenuto nel 2004 si trovavano nella parte più
profonda della grotta, cioè dove, con tutta probabilità, migliaia di
anni fa un plantigrado si ritirò con la speranza di superare indenne
l’inverno glaciale, ecco che sono tutt’altro che remote le possibilità
che i frammenti in nostro possesso appartengano ad un altro esemplare di
Ursus spelaeus.
CONCLUSIONI
I
frammenti, ancora oggi conservati dall’associazione culturale, sono a
disposizione di coloro che vorranno studiarli in maniera più
approfondita, per arrivare ad una loro identificazione certa e ad una
datazione precisa. Nel caso, pur trattandosi di pochi frammenti (11),
siamo disponibili a donarli a musei locali, presenti o da istituire nel
territorio.
NOTE:
1
- Scorrendo le varie fonti, non è molto chiaro il periodo preciso in
cui è avvenuta l’estinzione dell’orso delle caverne. Secondo alcuni
questa è avvenuta 24000 anni fa, altri parlano di 15000/10000 anni fa.
2 - Caratteristica che ricorda proprio il nostro Orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus).
3 - Un'altra malattia tipica degli erbivori è la attinomicosi, dovuta all' Actinomyces, un batterio che provoca la suppurazione delle mascelle e la caduta dei denti.
4
- Gli orsi delle caverne, durante la loro fase di declino, per
ripararsi dal freddo sono emigrati dall’Europa settentrionale verso
quella meridionale e nelle aree mediterranee. Essendo infatti il suo
habitat costituito dalla foresta, man mano che i ghiacci andavano
estendendosi fu costretto a migrare verso sud.
5 - Sono stati
rinvenuti frammenti di mascelle di orso delle caverne con denti mancanti
a causa di malattie che ne provocarono la caduta o con denti cariati,
che non consentivano al plantigrado di alimentarsi a sufficienza per
superare l’inverno.
6 - Costituita nel 2004, l’associazione si
occupa di ricerca storica e naturalistica, escursionismo ed eventi di
natura culturale.
7 - In particolare esplorammo alcuni resti
presumibilmente d’epoca romana che si trovano nei pressi del fiume Liri,
non lontano dalle sorgenti. Ci recammo anche a Morbano, per ulteriori
indagini su ciò che resta di questo paese, spopolatosi probabilmente nel
XVI secolo.
8 - Autori del ritrovamento, durante la prima
ricognizione della grotta, furono il sottoscritto Alessandro Fiorillo,
Daniele Santarelli e Stefano Tocci. Alle ulteriori e successive indagini
di studio hanno partecipato anche Sonia Grigatti, Francesca Di Stefano,
l’ing. Valter Cosciotti e l’archeologa Micaela Merlino.
9 -
Considerando la frequentazione assidua del sito da parte di
escursionisti vari, non sempre rispettosi del delicato ambiente della
grotta, il nostro timore era quello che questi reperti potessero essere
trafugati e dispersi, impedendone così uno studio più attento. Non
possiamo neanche escludere che il loro ritrovamento ad un livello
superficiale sia legato a scavi clandestini effettuati sul posto, in
epoca ignota. Dalla data del prelevamento questi reperti sono conservati
dall’associazione e sono a disposizione di coloro che vorranno
studiarli in maniera più approfondita. Sarebbero utili delle ricerche
per giungere ad una datazione il più possibile precisa dei frammenti
ossei conservati.
10 - Vedi A. Fiorillo, La grotta Cola di Cappadocia, in Aequa, (VII) 22, luglio 2005, pp. 21-24 e A. Fiorillo, Indagini archeologiche nel territorio di Cappadocia, in Aequa, (VII) 20, gennaio 2005, pp. 9-11.
11
- E’ probabile che altri resti e frammenti ossei siano ancora
sotterrati nel punto dove, a livello superficiale, rinvenimmo i resti
oggi in nostro possesso.
Si ringrazia Paolo Marenzi per le utili informazioni fornite.
BIBLIOGRAFIA:
http://www.gmpe.it/content/lorso-delle-caverne [23.04.2016]
http://www.speleolessinia.it/orso-speleo [23.04.2016]
Seguono le foto dei reperti ossei rinvenuti e raccolti:
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Ingresso di Grotta Cola, 12 settembre 2004. |