Nevicata del 1956 a Petrella Liri |
A causa del Global Warming e dei cambiamenti
climatici viviamo inverni sempre più anomali e caldi, al punto che persino le
nostre montagne vedono sempre meno neve, in particolare in questa strana stagione
invernale 2015/2016 dove fino ad oggi ne è caduta pochissima. Ma non è sempre stato così,
negli anni ’30 del secolo scorso, gli inverni dei nostri Appennini erano ancora
assai freddi e nevosi. Le quote di montagna, l’esposizione a venti gelidi,
erano il mix per stagioni di freddo intenso, basti pensare ad inverni
particolarmente rigidi passati alla storia, come quello eccezionale del 1929.
Ma quali erano le impressioni, i sentimenti,
le descrizioni di coloro che vivevano sulla loro pelle inverni così freddi e
crudi? In anni, poi, dove era assai difficile riscaldare le proprie case e
tenere a distanza il gelo dagli ambienti del vivere quotidiano. Lo apprendiamo
da una fonte diretta, grazie alla descrizione di un bambino di Cappadocia (AQ),
lo stesso che ci ha già deliziato con "Il ceppo
di Natale”, e che nel lontano 20 agosto del 1931 svolse un altro tema dal titolo “Le lunghe serate d’inverno”:
“Il
possedere una casa è una bellissima proprietà e misero potrà dirsi colui che è
privo anche di un piccolo tugurio. La casa è il luogo più utile e più atto per
il genere umano, perché la maggior parte della vita si svolge principalmente
dentro di essa. O come si sta bene dentro la casa nella rigida e brutta
stagione d’inverno! Che lunghi giorni e che belle serate si trascorrono dentro
di essa. Quando il cielo è di colore nerognolo, venti settentrionali si
innalzano impetuosi nell’immensità dell’aria, la neve densa cade a larghe tese,
tutta la gente sta rinchiusa nelle sue abitazioni a godere la bella pace delle
loro famiglie. Si raccontano fiabe, si cantano stornelli, canzoni, poesie, si
balla, si lavorano cose famigliari. Ma guastano queste belle felicità tristi
pensieri, i quali alcune volte eccitano anche il pianto. Ma anche dentro le
abitazioni il gran freddo infernale si fa sentire, poiché nelle porte e nelle
fessure delle finestre il freddo e il vento inevitabili entrano impetuosamente.
Come soffrono i nullatenenti in questa stagione, molto nemica per loro! Saranno
strettamente spinti a girare il mondo in cerca di cibo e di ricovero in tutti i
tempi, sia buoni che cattivi. Anelano quindi di possedere al minimo una piccola
e brutta abitazione, e un poco di cibo per il sostentamento necessario. Ecco
quei pensieri che turbano le belle e lunghe serate d’inverno. Cappadocia,
20-8-1931”.
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